I ricercatori, esaminando il contenuto dell’intestino di pesci d’acqua dolce conservati nelle collezioni dei musei; hanno scoperto che i pesci ingoiano microplastiche a partire dagli anni ’50, e che la concentrazione di microplastiche nei loro intestini è aumentata nel tempo.
Dimenticate i diamanti: la plastica è per sempre, altro che. Ci vogliono decenni, o addirittura secoli, perché la plastica si rompa, e quasi ogni pezzo di plastica mai fatto esiste ancora oggi in qualche forma. Sappiamo da un po’ che grandi pezzi di plastica possono danneggiare la fauna selvatica – pensate agli uccelli marini bloccati negli anelli di plastica delle confezioni da sei lattine di birra – ma negli anni più recenti, gli scienziati hanno scoperto microscopici pezzi di plastica nell’acqua, nel suolo e persino nell’atmosfera. Per sapere come queste microplastiche si sono accumulate nel corso dell’ultimo secolo, i ricercatori hanno esaminato l’intestino di pesci d’acqua dolce conservato nelle collezioni dei musei, e hanno scoperto che i pesci hanno ingoiato microplastiche dagli anni ’50 e che la concentrazione di microplastiche nelle loro budella è aumentata nel tempo.
Insomma, non lo sapevamo ma la plastica, a partire dalla sua scoperta, arriva alle acque e si rompe in frammenti microscopici, che possono essere ingoiati dai pesci. Le vecchie collezioni dei musei rappresentano un’istantanea, una finestra su un tempo passato, e ci permettono a volte di capire cosa accadeva.
Per trovare effettivamente la plastica nelle budella dei pesci, i tratti digestivi sono stati disciolti con perossido di idrogeno, acqua ossigenata, che rompe tutta la materia organica, ma non la plastica.
La plastica rimasta, troppo piccola per essere vista a occhio nudo, si rivela al microscopio. I campioni sono stati comunque analizzati utilizzando la spettroscopia Raman, una tecnica che utilizza la luce per analizzare la firma chimica di un campione, e per confermare che si tratti di plastica.
I ricercatori hanno scoperto che la quantità di microplastica presente nell’intestino dei pesci è aumentata drammaticamente nel tempo, man mano che più plastica veniva prodotta e accumulata nell’ecosistema. Non c’erano particelle di plastica prima della metà del secolo, ma quando la produzione di plastica è inizata, negli anni ’50, le concentrazioni sono salite presto alle stelle.
Insomma, i pesci ingoiano microplastiche da quando la plastica finisce nelle acque, anche se il problema è venuto alla luce da poco. Solo l’educazione pubblica e le politiche possono cambiare il nostro rapporto con la plastica, e il corretto smaltimento potrà finalmente ripulire gli oceani e le acque interne.
Riferimento della rivista: Loren Hou, Caleb D. McMahan, Rae E. McNeish, Keenan Munno, Chelsea M. Rochman, Timothy J. Hoellein. A fish tale: a century of museum specimens reveal increasing microplastic concentrations in freshwater fish. Ecological Applications, 2021; DOI: 10.1002/eap.2320
Bibliografia: Massimo Boyer – scubaportal.it