Resa famosa dal Comandante Cousteau, la laguna di Truk riserva anche ancora emozioni indimenticabili ai fortunati visitatori. In realtà questa laguna della Micronesia, situata a circa 1.100 miglia a Nord Ovest della Nuova Guinea nel oceano Pacifico occidentale, è ben conosciuta. Le prime notizie su questo sperduto atollo si ritrovano nei resoconti dei primi esploratori spagnoli, nel 1528. I navigatori riportarono che quelle isole da sogno erano abitate da diverse tribù.
Terra di nessuno e di tutti, solo alla fine del XIX secolo i colonialisti spagnoli ne rivendicarono ufficialmente la proprietà in quanto parte delle Isole Caroline. In seguito, nel 1899, furono vendute ai Tedeschi. Fu al termine della prima guerra mondiale, quando il Giappone conquistò la laguna di Truk, togliendola di fatto alla Germania. Queste sperdute isole caddero nuovamente nel dimenticatoio e, probabilmente, nessuno le avrebbe mai conosciute se quell’arcipelago nel mezzo dell’Oceano Pacifico non fosse divenuto famoso al termine della seconda guerra mondiale, divenendo teatro di una furiosa battaglia aeronavale. Una delle battaglie più cruente tra forze statunitensi e nipponiche quando l’arcipelago di Truk divenne “il più grande cimitero di navi del mondo“.
L’operazione HAILSTONE
Durante la seconda guerra mondiale, il Giappone stabilì nella laguna una delle sue principali basi navali, ancorandovi una grande parte della flotta e dislocandovi circa quarantamila uomini.
L’atollo corallino che circondava le isole creava un porto naturale sicuro dove i punti di ingresso e di uscita erano stati fortificati dai giapponesi con batterie a terra, cannoni antiaerei di protezione ai campi d’aviazione. La Marina americana la considerò, a torto o a ragione, una roccaforte della marina giapponese e la definì la “Gibilterra del Pacifico”. Di fatto la posizione di Truk nelle isole Caroline ne aveva fatto un eccellente centro di collegamento per lo smistamento degli armamenti e degli aeromobili che si spostavano dalle isole maggiori del Giappone fino al South Pacific Mandate, nella “Southern Resources Area” giapponese.
All’inizio del 1944, i Nipponici compresero che, a causa dell’andamento della guerra non era più sostenibile mantenere Truk come base di supporto operativo per le loro forze. Ad ovest le forze americane ed australiane del generale Douglas MacArthur, nell’ambito dell’Operazione CARTWHEEL, erano risalite attraverso il Pacifico sud occidentale, conquistando molte basi giapponesi.
La Marina americana, il Corpo dei Marines e l’Esercito, sotto il comando dell’ammiraglio Chester W. Nimitz, avevano conquistato le isole più importanti delle vicine isole Gilbert e Marshall costruendovi numerose basi aeree, strategicamente importanti per annichilire le forze giapponesi. Di conseguenza, la Marina giapponese aveva dovuto arretrare la base avanzata della flotta prima alle isole di Palau e, poi verso l’Indonesia, ridislocando le sue navi da guerra principali lontano da Truk.
Tutto ebbe inizio il 3 febbraio 1944 quando gli Americani occuparono le vicine Isole Marshall. I Giapponesi, dopo aver visto alcuni aerei da ricognizione americani, diedero ordine di allontanare rapidamente alcune delle navi da guerra maggiori lontano dall’atollo.
Il 17 febbraio 1944, la U.S. Navy iniziò l’operazione HAILSTONE, un attacco aereo e terrestre combinato contro le forze giapponesi dislocate nell’arcipelago. Si trattò di un’operazione simile a quella effettuata dai giapponesi contro Pearl Harbour per affondare le navi maggiori. Lo scopo era di evitare che le navi e gli aerei nipponici di stanza a Truk interferissero con la Task Force 58 del Vice Ammiraglio Marc A. Mitscher (TF 58). L’ordine fu di attaccare con gli aerei delle portaerei l’atollo. Tre dei quattro Task Group (TG) della TF 58 furono impegnati nell’operazione.
La forza totale statunitense consisteva in cinque portaerei della flotta (Enterprise, Yorktown, Essex, Intrepid e Bunker Hill) e quattro portaerei leggere (Belleau Wood, Cabot, Monterey e Cowpens) con un totale di oltre 500 aerei da guerra. Il supporto alle portaerei era fornito da una task force composta da sette corazzate e numerosi incrociatori pesanti, incrociatori leggeri, cacciatorpediniere e sottomarini. Una forza aeronavale, con gli occhi di oggi, spropositata ma che aveva lo scopo di essere certi di annichilire definitivamente le forze navali giapponesi.
L’attacco americano fu improvviso e non diede scampo. Nella prima ondata perirono 400 tra marinai e soldati giapponesi solo su una delle navi in rada. L’attacco fu massiccio e, nel corso di due giorni di bombardamenti continui, gli aerei americani affondarono circa 40 navi giapponesi. Si stimò che nell’attacco perirono circa 4.500 soldati e marinai giapponesi. Questo dato non è ancora chiaro in quanto dopo la guerra le fonti delle due parti rivelarono numeri diversi. Dalle analisi fotografiche si è solo certi dell’affondamento di due incrociatori leggeri, quattro cacciatorpediniere, nove navi ausiliarie e circa due dozzine di navi da carico; inoltre furono distrutti oltre 250 aerei giapponesi alcuni ancora visibili nei fondali dell’atollo.
Sebbene vi siano ancora dubbi sulle navi giapponesi affondate nella battaglia, il Jeffery’s War Graves, Munition Dumps and Pleasure Grounds (2007) riporta queste unità navali.
NAVI DA BATTAGLIA AFFONDATE CL Katori (香取) 5,800 tons CL Naka (那珂) 5,195 tons DD Maikaze (舞風) 陽炎型 2,000 tons DD Fumizuki (文月) 睦月型 1,320 tons DD Oite (追風) 神風型 1,270 tons DD Tachikaze (太刀風) 峯風型 1,215 tons Submarine chaser CH-29, 440 tons Submarine chaser CH-24, 440 tons Auxiliary submarine chaser Shonan Maru #15 (第15昭南丸), 355 tons Motor torpedo boat #10, 85 tons |
NAVI AUSILIARIE AFFONDATE Auxiliary cruiser Aikoku Maru (爱国丸) 10,348 tons Auxiliary cruiser Akagi Maru (赤城丸) 7,367 tons Auxiliary cruiser Kiyosumi Maru (清澄丸) 6,983 tons Navy transport Houki Maru (伯耆丸) 7,112 tons Navy transport Yamagiri Maru (山霧丸) 7,112 tons Navy transport/freighter San Francisco Maru (桑港丸) 5,831 tons Navy transport Reiyo Maru (麗洋丸) 5,446 tons Navy transport Seiko Maru (西江丸)? 5,385 tons Navy transport/passenger/cargo ship Kensho Maru (乾祥丸) 4,862 tons Navy transport/freighter Hanakawa Maru (花川丸) 4,739 tons Navy transport/passenger/cargo ship Sankisan Maru o Yamakisan Maru (山鬼山丸) 4,776 tons Navy transport/freighter Hokuyo Maru (北洋丸) 4,217 tons Navy transport/freighter Momokawa Maru (桃川丸) 3,829 tons Navy water carrier/passenger/cargo ship Nippo Maru (日豊丸) 3,764 tons Navy transport/freighter Unkai Maru #6(第六雲海丸) 3,220 tons Navy transport Taiho Maru (大邦丸) 2,827 tons Navy transport/freighter Shotan Maru (松丹丸) 1,999 tons Navy transport/freighter Gosei Maru (五星丸) 1,931 tons Freighter Taikichi Maru or Tachi Maru (泰吉丸) 1,891 tons Army transport Gyoten Maru (暁天丸) 6,854 tons Army transport/freighter Nagano Maru (長野丸) 3,824 tons Army transport Yubae Maru (夕映丸) 3,217 tons Fleet oiler Shinkoku Maru (神国丸) 10,020 tons Oil tanker Fujisan Maru (富士山丸) 9,524 tons Auxiliary oil tanker/whaler Tonan Maru #3 (第三図南丸) 19,209 tons Auxiliary oil tanker Houyou Maru o Hoyo Maru (宝洋丸) 8,691 tons Auxiliary oil tanker/passenger/cargo ship Amagisan Maru (天城山丸) 7,620 tons |
Al termine dell’attacco, un gran silenzio avvolse la laguna ormai trasformatasi in un grande cimitero.
La riscoperta
La missione statunitense di neutralizzare la forza della flotta giapponese nella laguna di Truk fu un successo (e non poteva essere diverso considerando le forze impiegate). I Nipponici ricevettero un duro colpo perdendo molte delle forze necessarie per resistere a quella che ormai consideravano prossima invasione del Giappone. Truk cadde nel dimenticatoio per molti anni ma le sue acque cristalline conservano ancora i resti di quella tragedia.
L’atollo ed il suo cimitero sommerso furono riscoperti nel 1969 quando il comandante francese Jacques-Yves Cousteau e la sua equipe tornarono nell’atollo, realizzando il drammatico documentario Lagoon of Lost Ships.
Il video mostra Cousteau e la sua squadra immergersi tra le lamiere contorte che ancor oggi conservano i miseri resti dei marinai periti negli attacchi aerei. I racconti dei sommozzatori dell’equipe sugli effetti di narcosi occorsi durante le immersioni (spesso effettuate ad aria a quasi cento metri di profondità) ed il ritrovamento di numerosi scheletri tra le lamiere contorte, portarono al sito il sinistro nome di laguna dei fantasmi.
A seguito del documentario, il governo giapponese cercò di recuperare i resti dei caduti per dare loro una sepoltura adeguata. Da allora, la Truk Lagoon è diventato un sito popolare per subacquei e ricercatori. La rarità di avere così tante navi intatte in così stretta vicinanza attira esploratori da tutto il mondo.
La laguna di Truk, nonostante sia lontana dai circuiti turistici commerciali, è diventata un sito popolare per subacquei e ricercatori. La possibilità di visitare così tanti relitti di navi ed aerei pressoché intatti ed in così stretta vicinanza, attira subacquei da tutto il mondo che possono vedere le conseguenze gli effetti dell’operazione Hailstone. In alcune delle navi è possibile vedere come furono affondate: una mostra ancora il grande squarcio aperto dall’esplosione di un siluro chiaramente visibile nel centro della nave.
Un’altra nave, identificata come Gosei Maru, presenta un’enorme apertura sul ponte che indica l’esplosione di una bomba di aereo. Non tutte le navi sono state ancora identificate ed esploratori di tutto il mondo ricercano ancora nuovi elementi per poter dare un giusto riconoscimento a quegli uomini che persero la vita drammaticamente in quelle oggi pacifiche acque.
Il loro lavoro non è semplice, la difficoltà di riconoscere i relitti non è legata solo agli effetti del combattimento ma anche all’azione distruttiva che i relitti hanno subito in questi ultimi 70 anni da parte dei violenti tifoni del Pacifico. Alcune navi riposano infatti su basso fondale, a circa 18 metri di profondità, e sono quindi particolarmente esposti al violento moto ondoso durante queste tempeste tropicali.
La bassa profondità e le acque cristalline consentono in alcuni casi la loro osservazione anche dalla superficie. Questi drammatici resti sono ormai colonizzati dalla vita marina e si ergono dal fondo mostrando le loro fatiscenti strutture, quasi un monito alla follia della guerra.