Scuttling, sì o no? Ovvero, affondare relitti nel Mar Ligure può migliorare il turismo subacqueo ed essere sostenibile?
Una delibera del Consiglio della Regione Liguria risolleva vecchie polemiche su un argomento che ci è caro, come subacquei: quello definito con una parole inglese “scuttling”, cioè l’affondamento di relitti volontario e programmato.
È stato recentemente approvato dal Consiglio Regionale della Liguria un ordine del giorno per valutare se affondare navi militari opportunamente bonificate nel Mar Ligure. Lo scuttling è una realtà che in molti Paesi del mondo trasforma i relitti in santuari di biodiversità, attirando la vasta popolazione dei subacquei e portando turismo e indotto. Famoso è il sito storico in cui sono state affondate le navi bombardate dai giapponesi nell’attacco a Pearl Harbor, dove la corazzata USS Arizona è diventata un monumento al ricordo di quel dicembre del 1941, e un punto d’immersione visitato ogni anno da migliaia di subacquei che vogliono immergersi nella storia e rivivere i luoghi in cui hanno perso la vita ben 1177 marinai.
Ma senza andare tanto lontani, Malta e la Croazia offrono illustri esempi di affondamento di relitti in zone che diventano molto appetibili per i subacquei. Su ScubaPortal abbiamo già affrontato l’argomento, vedi i due articoli di seguito.
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Scuttling, sì o no?
Massimo Boyer09/06/2021Immersioni0
Scuttling, sì o no? Ovvero, affondare relitti nel Mar Ligure può migliorare il turismo subacqueo ed essere sostenibile?
Una delibera del Consiglio della Regione Liguria risolleva vecchie polemiche su un argomento che ci è caro, come subacquei: quello definito con una parole inglese “scuttling”, cioè l’affondamento di relitti volontario e programmato.
È stato recentemente approvato dal Consiglio Regionale della Liguria un ordine del giorno per valutare se affondare navi militari opportunamente bonificate nel Mar Ligure. Lo scuttling è una realtà che in molti Paesi del mondo trasforma i relitti in santuari di biodiversità, attirando la vasta popolazione dei subacquei e portando turismo e indotto. Famoso è il sito storico in cui sono state affondate le navi bombardate dai giapponesi nell’attacco a Pearl Harbor, dove la corazzata USS Arizona è diventata un monumento al ricordo di quel dicembre del 1941, e un punto d’immersione visitato ogni anno da migliaia di subacquei che vogliono immergersi nella storia e rivivere i luoghi in cui hanno perso la vita ben 1177 marinai.
Ma senza andare tanto lontani, Malta e la Croazia offrono illustri esempi di affondamento di relitti in zone che diventano molto appetibili per i subacquei. Su ScubaPortal abbiamo già affrontato l’argomento, vedi i due articoli di seguito. https://www.scubaportal.it/affondamento-volontario-dei-relitti/embed/#?secret=8VFHgaBB7c https://www.scubaportal.it/relitti-sommersi-maltesi/embed/#?secret=kB9lkwWmqH
E in Italia? Da noi esistono fortissime obiezioni, che, senza voler entrare in questioni politiche, infiammano il dibattito. Lo stesso ambiente scientifico si spacca facilmente in due fazioni, a favore e contro.
Scuttling sì o no?
Da un lato è indubbio che un oggetto immerso su un fondale uniforme, che ne aumenti la rugosità, la tridimensionalità, creando habitat per organismi fissi, che a loro volta lo modificano, finisce per attrarre una grande biodiversità, diventando una casa per molti. Inclusi i pesci, mobilissimi, che si radunano attorno a corpi solidi.
In generale, tutti i siti in cui sono presenti relitti o barriere artificiali traggono vantaggio dall’aumentato turismo subacqueo e dall’indotto che si crea nel territorio circostante, e che coinvolge strutture ricettive, ristoranti e negozi.
Ci sono altri vantaggi: una sporgenza del fondo rappresenta un deterrente per la pesca a strascico, in quanto i pescatori strascicando su un relitto rischiano di impigliare e perdere le reti. Soprattutto se il relitto è vicino alla costa, può davvero aiutare a proteggere contro sconfinamenti illegali.
Chi è contrario non manca mai di rimarcare la presenza sul relitto di sostanze nocive, nelle vernici o nelle stesse lamiere metalliche del relitto, che prima o dopo, interagendo chimicamente con l’acqua di mare, fisicamente con le correnti e il moto ondoso, finiscono per sfaldarsi, privando gli animali fissi di un solido ancoraggio e liberando nell’ambiente sostanze indesiderate, che possono contaminare le carni dei pesci e ritrovarsi nei nostri piatti. In fondo quella che buttiamo in mare è spazzatura, ferro e contorni vari difficilmente separabili.
Il presunto aumento della biodiversità sarebbe dovuto solo a una concentrazione di individui di specie diverse, che convergerebbero verso la zona più favorevole, anziché avere una distribuzione più dispersa: il relitto farebbe da centro di attrazione, senza aumentare il numero di specie e di individui ma solo concentrandoli attorno al relitto.
Fondamentale per una corretta gestione dell’affondamento è la preventiva ricerca dell’area idonea all’affondamento controllato dei relitti, che deve considerare con attenzione la morfologia e la geologia del fondale, le correnti, la profondità e tutti i parametri ambientali in grado di velocizzare il processo di colonizzazione biologica delle strutture introdotte artificialmente e di ridurre, localizzare o al contrario di accelerare fenomeni di inquinamento su grande scala. Io stesso ammetto di essere fortemente indeciso, preso in mezzo tra la consapevolezza che affondare in mare equivale spesso a liberarsi di un rifiuto, più o meno tossico, e la mia esperienza di subacqueo, che mi fa notare come tratti di mare poco significativi siano valorizzati dalla presenza di un relitto visitabile.
Insomma, scuttling sì o no? Tenendo conto di tutto questo la decisione non è facile. Come al solito, qualsiasi cosa si decida sarà un compromesso, e non farà completamente contento nessuno, né gli ambientalisti né i tifosi dell’affondamento.
Bibliografia: Massimo Boyer – scubaportal.it